DETASSAZIONE PREMI DI RISULTATO E WELFARE AZIENDALE

( Fisco e Diritto d’Impresa) ( Lavoro e Previdenza )

DETASSAZIONE PREMI DI RISULTATO E WELFARE AZIENDALE

L’Agenzia delle Entrate e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali intervengono diramando chiarimenti.

Con Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016 l’Agenzia delle Entrate, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha diramato i primi attesi chiarimenti in materia di detassazione dei premi di risultato e welfare aziendale.

In particolare, la circolare illustra l’agevolazione prevista per i premi di produttività, richiamando la prassi emanata negli anni scorsi e ancora applicabile, date le analogie tra l’agevolazione in commento e quelle preesistenti prorogate fino al 2014 ed esamina le nuove disposizioni in materia di benefit, anche al fine di delineare il quadro delle erogazioni detassate che possono essere corrisposte in sostituzione delle retribuzioni premiali,  chiarendo l’ambito entro il quale è consentita la sostituzione tra le due componenti.

Di seguito, si analizzano i citati chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate e Ministero del Lavoro, ricordando che la Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 182) prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale nella misura del 10% per cento, salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, ai premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, entro il limite di importo di 2.000 euro al lordo d’imposta, elevato a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

L’ambito soggettivo di applicazione della detassazione risulta definito dalle specifiche caratteristiche che devono connotare il datore di lavoro, da un lato, e i dipendenti, dall’altro; tali caratteristiche risultano sostanzialmente coincidenti con quelle previste in passato.

Con specifico riferimento ai datori di lavoro, analogamente agli scorsi anni, l’applicazione del regime fiscale agevolato è riservata esclusivamente al settore privato.

All’interno del settore privato, il regime fiscale agevolato trova applicazione anche in relazione a premi erogati da datori di lavoro non imprenditori nonché da esercenti arti e professioni.

Con riferimento ai lavoratori che possono beneficiare della detassazione, viene confermato che si tratta dei titolari di reddito di lavoro dipendente – con esclusione pertanto di altre categorie di soggetti, quali, ad esempio, i titolari di redditi assimilati (co.co.co, tirocinanti, …..) – che abbiano conseguito, nell’anno precedente a quello di percezione del premio, redditi di lavoro dipendente di ammontare non superiore a 50.000 euro lordi.

Ai fini della verifica della soglia reddituale di 50.000 euro occorre considerare il reddito di lavoro dipendente percepito nel periodo d’imposta precedente soggetto a tassazione ordinaria (ivi compresa l’eventuale quota maturanda di TFR richiesta dal lavoratore e liquidata in busta paga,  anche in relazione a più rapporti di lavoro, comprensivo delle pensioni di ogni genere e degli assegni ad esse equiparati, al lordo delle somme detassate percepite nel medesimo anno e anche se prodotto all’estero e tassato in Italia sulla base delle retribuzioni convenzionali (soggetti residenti) ovvero tassato solo all’estero (soggetti non residenti).

Non vanno, invece, considerati i redditi diversi da quelli di lavoro dipendente (ad esempio, redditi assimilati, redditi di fabbricati, da partecipazione, redditi diversi, ecc.) nonché eventuali redditi di lavoro dipendente assoggettati a tassazione separata o ad altra tipologia di imposta sostitutiva rispetto a quella in esame.

La circolare chiarisce, infine, che il regime agevolato è applicabile anche se nell’anno precedente non sia stato conseguito alcun reddito di lavoro dipendente, ovvero il limite di 50.000 euro sia stato superato per effetto del conseguimento di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente e anche se nell’anno in cui sono erogati i premi agevolati o gli utili viene superato il limite di 50.000 euro, fermo restando che, in tale ipotesi, non si potrà godere del predetto regime agevolato per i premi eventualmente erogati nell’anno successivo.

Come ormai noto, a differenza del passato, l’imposta sostitutiva del 10% potrà essere applicata esclusivamente in relazione a “premi di risultato (…) di ammontare variabile” nonché alle “somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”. Rimangono, pertanto, escluse dal regime fiscale agevolato tutte quelle voci retributive aggiuntive (straordinari, maggiorazioni, indennità varie, ecc.) non qualificabili come “premi di risultato” benché riconducibili a maggiore produttività ovvero come partecipazioni agli utili.

Con specifico riferimento ai premi di risultato, la circolare puntualizza che il requisito della variabilità delle somme, tipico dei predetti premi, non deve essere inteso necessariamente come gradualità dell’erogazione degli stessi in base al raggiungimento dell’obiettivo definito nell’accordo di secondo livello. La strutturazione del premio è demandata alla contrattazione collettiva di secondo livello fermo restando che l’applicazione della detassazione è, in ogni caso, subordinata alla duplice condizione che nell’arco di un periodo congruo definito nell’accordo, si realizzi il raggiungimento di almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione cui è legata l’erogazione del premio e che l’incremento (indice del raggiungimento dell’obiettivo) possa essere verificato e misurato attraverso indicatori numerici definiti dalla stessa contrattazione collettiva (indicatori che, si ricorda, dovranno essere esplicitati in fase di presentazione della dichiarazione di conformità del contratto).

La circolare ricorda che, per espressa previsione della norma, ai fini della determinazione dei premi di risultato, va computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità, escludendo pertanto a priori eventuali indicatori stabiliti dalla contrattazione di secondo livello, riferiti ai giorni di presenza, volti a penalizzare le assenze di maternità.

Viene, inoltre, confermata la possibilità di detassare, laddove ne ricorrano tutte le condizioni oggi richieste, i ristorni ai soci lavoratori di cooperative. Da parte sua, la cooperativa è tenuta a depositare, in luogo del contratto, il verbale con il quale l’assemblea dei soci ha deliberato la distribuzione dei ristorni. Con riferimento a tale ultima casistica, la circolare chiarisce che la distribuzione dei ristorni deve essere debitamente segnalata nell’ambito della procedura telematica disponibile sul Portale ClicLavoro attraverso la compilazione della sezione relativa alla partecipazione agli utili dell’impresa.

Per quanto concerne le somme erogate sotto forma di utili, viene precisato che si tratta degli utili distribuiti ai sensi dell’art. 2102 c.c.: non si tratta, pertanto, dell’attribuzione di quote di partecipazione al capitale sociale bensì della modalità di erogazione della retribuzione.

La partecipazione agli utili dell’impresa costituisce una fattispecie distinta dalla corresponsione dei premi di produttività ed è quindi ammessa all’agevolazione a prescindere dagli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Anche l’erogazione di somme sotto forma di partecipazione agli utili d’impresa deve essere segnalata nell’ambito della procedura telematica disponibile sul Portale ClicLavoro attraverso la compilazione dell’apposita sezione.

L’imposta sostitutiva del 10% è applicata a premi di risultato e utili distribuiti entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro annui al lordo d’imposta (eventuali importi eccedenti sono assoggettati alla tassazione ordinaria). Nell’ipotesi di contestuale erogazione di premi e di utili, il limite va applicato alla somma delle due componenti e non è superabile neanche in presenza di più rapporti di lavoro. Sia nell’ipotesi di erogazione di premi di risultato sia nell’ipotesi di distribuzione di utili, il limite di 2.000 euro è elevabile a 2.500 euro per le aziende che prevedono il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Il limite di 2.000/2.500 euro deve intendersi al lordo della ritenuta fiscale del 10% e al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie. Perché si configuri il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, è necessario che gli stessi “intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano con lo scopo di favorire un impegno dal basso che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro”.

Non costituiscono, invece, strumenti e modalità utili ai fini del coinvolgimento paritetico dei lavoratori i gruppi di lavoro e i comitati di semplice consultazione, addestramento o formazione.

La norma subordina l’applicazione della detassazione dei premi di risultato e degli utili alla condizione che le somme e i valori in questione siano erogati in esecuzione dei “contratti aziendali o territoriali di cui all’art. 51, D.Lgs n. 81/2015”. Rimangono, invece, esclusi, ai predetti fini, i contratti collettivi nazionali (CCNL) nonché i contratti individuali o i contratti individuali anche plurimi. Il riferimento a “contratti aziendali o territoriali di cui all’art. 51, D.Lgs n. 81/2015” implica che si tratti di contratti collettivi aziendali o territoriali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nonché di contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (RSU). Una ulteriore condizione per poter beneficiare della detassazione risulta essere il deposito dei contratti collettivi aziendali o territoriali, che prevedono l’erogazione di premi di risultato e di somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa, esclusivamente in via telematica (attraverso l’apposita funzione disponibile sul Portale ClicLavoro), alla DTL competente, entro 30 giorni dalla relativa sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità di tali contratti alle disposizioni contenute nella Legge di Stabilità 2016 e nel Decreto interministeriale 25 marzo 2016.  A tale riguardo, la circolare chiarisce che, in caso di contratti territoriali o aziendali che, al 16 maggio 2016, data di pubblicazione del Decreto interministeriale 25 marzo 2016, risultino già depositati presso la DTL, il datore di lavoro non è tenuto ad effettuarne nuovamente il deposito, ma deve, però, indicare, attraverso la procedura telematica disponibile nel Portale ClicLavoro (Sezione 9), i riferimenti dell’avvenuto deposito (data e DTL in cui è avvenuto il deposito).

Nella ipotesi in cui si tratti di un contratto collettivo territoriale, il datore di lavoro, nell’ambito della procedura telematica sopra indicata (Sezione 2), deve selezionare la tipologia di contratto “Territoriale” fornendo poi indicazione della data e della DTL in cui è avvenuto il deposito (Sezione 9).  Un’ulteriore importante chiarimento fornito nella circolare in commento riguarda l’onere, in capo al datore di lavoro che, in applicazione di un contratto collettivo territoriale, intenda erogare premi potenzialmente detassabili, di effettuare la dichiarazione di conformità dello stesso. Fermo restando l’obbligo del relativo deposito, nel termine di 30 giorni dalla stipula, a cura delle Parti sociali firmatarie, la dichiarazione di conformità (Sezione 10) potrà essere compilata e trasmessa dal datore del lavoro che applica il predetto contratto territoriale anche successivamente a tale termine, purché anteriormente al momento di corresponsione dei premi di risultato ovvero delle somme a titolo di partecipazione agli utili di impresa.

L’imposta sostitutiva del 10% trova applicazione salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro. Quest’ultimo potrebbe, ad esempio, optare per la tassazione ordinaria delle somme agevolabili se ritenuta più favorevole. Questo potrebbe verificarsi nell’eventualità che l’assoggettamento ad imposta sostitutiva dei premi risultasse sfavorevole a fronte dell’impossibilità di far valere oneri deducibili o detraibili i quali possono essere computati solo in sede di tassazione ordinaria del reddito complessivo.

Le somme detassate non concorrono alla formazione del reddito complessivo e, pertanto, non rilevano ai fini della determinazione delle detrazioni d’imposta (altre detrazioni e detrazioni per carichi di famiglia) e non rilevano  sulla spettanza del bonus 80 euro. Le somme detassate sono invece rilevanti per il contribuente,  nei casi in cui il diritto a percepire il bonus 80 euro venisse meno non per assenza del requisito reddituale, ma per mancanza di imposta da versare (l’attribuzione del bonus richiede, infatti, la presenza di IRPEF sul reddito di lavoro dipendente positiva al netto delle sole detrazioni di lavoro dipendente) e rilevano ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE), nonché ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.

La circolare prende in esame anche il nuovo quadro normativo in materia di “welfare aziendale”.

Preme evidenziare come la neo introdotta disciplina in materia faccia rientrare sotto il cappello definitorio di “welfare” le prestazioni, le opere ed i servizi (in natura o sotto forma di rimborso spese) ricondotti al loro carattere di “rilevanza sociale”.

Nel complesso la nuova disciplina provvede ad ampliare l’appetibilità di utilizzo da parte delle aziende della concessione di benefits latamente intesi ai dipendenti. Tale forte scelta normativa produce un duplice effetto, e infatti da un lato estende il bacino di utilità che l’azienda può fornire ai lavoratori in un regime fiscale agevolato, mentre dall’altro permette una maggiore appetibilità ai lavoratori rispetto alle effettive esigenze del contesto economico lavorativo in cui sono inseriti.

L’ambito soggettivo di applicazione di cui all’art. 51, comma 2, lettera f) del TUIR si riferisce alla:

“(…) generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti o ai familiari indicati nell’art. 12 (…)”

Procedendo ad un approfondimento delle categorie indicate, è opportuno puntualizzare quanto la norma preveda in ambito ai familiari, i quali rivestono una categoria che comprende anche servizi di assistenza per soggetti non autosufficienti.

L’art. 51, comma 2, lettere f), f) bis ed f) ter, condiziona la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei benefit al fatto che i destinatari degli stessi siano individuati nella generalità dei dipendenti o in categorie omogenee di dipendenti. Con specifico riferimento a tale secondo punto, preme evidenziare come la circolare in esame chiarisca che la categoria di assegnazione ben possa comprendere dei gruppi omogenei di lavoratori e ciò a prescindere che effettivamente solo parte di questi usufruiscano effettivamente dei benefits stessi.

La medesima erogazione/erogazioni (nei limiti previsti dal TUIR) non concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente ove rispetti le categorizzazioni previste e soprattutto ove trovi riscontro in una logica di assegnazione per categorie omogenee (lavoratori a tempo parziale, lavoratori notturni, ecc.), mentre risulterà concorrervi ove assegnata al singolo prestatore.

In ambito ai familiari, la disciplina normativa, come sottolineato dall’intervento dell’Agenzia delle Entrate, si riferisce a quelli indicati all’art. 12 del TUIR, indipendentemente dal fatto che risultino fiscalmente a carico, e quindi riguarda:

  • coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
  • figlio, compreso il figlio naturale riconosciuto, il figlio adottivo, l’affidato e l’affiliato (figlio affidato cui è chiesta l’affiliazione decorsi tre anni dall’affidamento);
  • discendente prossimo;
  • genitore e, in mancanza, discendenti prossimi e adottanti;
  • genero e nuora;
  • suocero o suocera;
  • fratello e sorella sia germano (nato dagli stessi genitori) che unilaterale (nato da un solo genitore).

Ferma restando la precedente disciplina dell’art. 51 del TUIR, la nuova formulazione della medesima disposizione rappresenta una importante innovazione. Nello specifico viene esplicitamente estesa la possibilità di escludere i servizi offerti al prestatore dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, non solo nel caso di scelta unilaterale e volontariamente da parte dell’azienda, ma anche nel caso di erogazione derivante dalla stipula di contratti, accordi o regolamenti aziendali, possibilità introdotta esplicitamente anche nelle successive lettere f) bis ed f) ter.

La novità di cui alla lettera f) prevede altresì che, in presenza di accordi negoziali, la deducibilità dei costi sostenuti dal datore di lavoro sia totale (art. 95 TUIR) e non limitata al cinque per mille come previsto dall’art. 100 del TUIR.

In ambito ai servizi offerti ai soggetti riconosciuti beneficiari, preme evidenziare quanto già chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 34/E del 2004. Gli stessi risulteranno fiscalmente agevolati secondo la disciplina in esame, a patto che il lavoratore risulti estraneo dal rapporto economico con il soggetto erogatore del servizio, tantomeno potendo essere riconosciute eventuali somme erogate al prestatore a titolo di rimborso per la fruizione degli stessi servizi.

In relazione al contenuto della lettera f) bis dello stesso articolo del TUIR la portata innovativa, pur presente, risulta ridotta alla volontà del legislatore di meglio definire ed attualizzare la tipologia di servizi ricompresi nell’offerta da parte dell’azienda. Viene superata la categoria delle “colonie climatiche” ed introdotta quelle dei “centri estivi ed invernali”, “ludoteche” e “scuole materne”.

Si sottolinea che l’estesa formulazione del disposto di cui alla lettera f) bis, racchiude al suo interno tutte le erogazioni corrisposte a titolo di premi di merito e sussidi per studio a favore dei familiari sopra indicati, ivi ricomprese le spese per rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo,  incentivi per studenti che raggiungano livelli di eccellenza, trasporto scolastico, iniziative incluse all’interno del piano formativo (gite, visite guidate, ecc.) e rimborso spese per servizi di baby-sitting.

In merito all’elencazione, l’intervento potrà prevedere sia l’erogazione del servizio che il rimborso della spesa opportunamente documentata sia nell’importo che nella finalità.

Con l’introduzione della disposizione di cui alla lettera f) ter dell’art. 51 TUIR, il legislatore ha inteso ricomprendere all’interno dell’alveo della disciplina anche le tipologie di servizi volti a conciliare le esigenze di vita e di lavoro in una direzione di sostegno sociale di matrice sia nazionale che comunitaria.

La norma esplicitamente dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente: “le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (..)”.  Pare evidente come il Legislatore abbia omesso il riferimento all’erogazione di servizi di assistenza, tuttavia tale omissione non risulta limitante nella misura in cui i servizi latamente intesi risultano riconducibili alla lettera f). La categoria dei soggetti non autosufficienti va ricondotta a tutti coloro che non possano autonomamente espletare le funzioni di vita quotidiana in ragione di una certificazione medica e non anche in ragione dell’età. I neonati, benché non autosufficienti, non possono essere ricompresi in tale lettera, salvo la presenza di patologie riconosciute.

I titoli di legittimazione (voucher) sono interessati dall’art. 51 TUIR, comma 3bis, il quale dispone:

“ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.”

Preme evidenziare che la norma chiarisce che i titoli di legittimazione non costituiscono denaro,  non possono essere monetizzati, non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere ceduti e l’intero valore deve dare diritto ad un solo bene, servizio, opera e prestazione.

A proposito di quest’ultimo punto, fermo restando che il voucher dovrà dare diritto ad un solo bene, ciò significa che non potrà mai essere oggetto di integrazione da parte del lavoratore. Lo stesso vale per il servizio offerto che, tuttavia, non potendo essere anche in questo caso più di uno, potrà però essere caratterizzato dalla molteplicità al suo interno.  Nella ipotesi che un voucher che sia volto a fornire un servizio sportivo per l’accesso ad un determinato impianto, lo stesso potrà infatti permettere l’accesso alle piscine ma anche ai campi da tennis ed a quant’altro contenuto nell’impianto, senza per questo contravvenire all’obbligo di unicità del servizio.

FD 31 – 20.7.2016

Rif.
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